Breve commento all’Ordinanza Num. 22432 del 16/10/2020
Recentemente la Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi circa il problema degli effetti della cancellazione della società dal Registro delle Imprese intervenendo in una controversia nella quale la società che aveva promosso il giudizio di primo grado contro un istituto bancario, e le cui domande erano state accolte anche nel successivo appello, si era, nel frattempo, estinta e, quindi, cancellata dal suddetto registro.
Proprio da tale estinzione prendevano le mosse l’appello prima e il ricorso in Cassazione da parte dell’istituto di credito.
Tuttavia la Corte di Cassazione rigettava il ridetto ricorso.
La Suprema Corte, infatti, richiamando le sentenze n. 6070 e 6071 del 12/03/2013 pronunciate dalle Sezioni Unite della Corte medesima, si deve ritenere dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale:
a) l’obbligazione della società non si estingue trasferendosi, invece, ai soci, i quali ne rispondono (sia pur nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali);
b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo;
c) inoltre, la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società cancellata, priva la società stessa della capacità di stare in giudizio (con la sola eccezione della fictio iuris contemplata dall’art. 10 legge fall.).
La Corte prosegue ritenendo che, qualora l’estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, con eventuale prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci, in quanto successori della società, ai sensi dell’art. 110 cod. proc. Civ. e, qualora l’evento non sia stato fatto constare nei modi di legge o si sia verificato quando non sarebbe più stato possibile farlo constare in tali modi, l’impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, deve provenire o essere indirizzata, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci, atteso che la stabilizzazione processuale di un soggetto estinto non può eccedere il grado di giudizio nel quale l’evento estintivo è occorso.
Tuttavia i suddetti principi sono contemperati dall’ultrattività del mandato professionale alla lite in capo al difensore per effetto della stabilizzazione della posizione giuridica della parte colpita dall’evento in virtù della quale la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, sia legittimato a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione.
Afferma altresì la Corte che l’estinzione di una società conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, intervenuta nella pendenza di un giudizio dalla stessa originariamente intrapreso, non determina anche l’estinzione della pretesa azionata, a meno che il creditore abbia manifestato, in modo esplicito o attraverso un comportamento concludente, la volontà di rimettere il debito comunicandola al debitore (e sempre che quest’ultimo non abbia dichiarato, in un congruo termine, di non volersene approfittare).
Tuttavia, tale circostanza deve necessariamente essere accertata in corso di giudizio.
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